Il nuovo culto della sostenibilità non riguarda più solo abbigliamento e accessori: d’estate conquista anche i costumi da bagno. Siamo abituati a pensarli come a capi super tecnici fatti di nylon o poliestere grazie alla loro resistenza, elasticità e asciugatura rapida. Ma questi materiali sono davvero l’unica opzione? In realtà sempre più brand (con tante opzioni Made in Italy) stanno puntando su alternative naturali e plastic free, realizzate con fibre come cotone biologico, canapa o persino gomma naturale.
Questi capi “bio-based” offrono un impatto ambientale ridotto, proteggono i mari dall’inquinamento da microplastiche e risultano più delicati sulla pelle. Eppure, nonostante i vantaggi ambientali e sanitari, faticano a conquistare la fiducia dei consumatori. Prezzi elevati, poca informazione, timore del greenwashing e dubbi sulla durabilità rappresentano ostacoli ancora difficili da superare.
Cosa sono davvero le fibre bio-based?
Per “bio-based” si intendono materiali derivati da fonti rinnovabili, in contrapposizione ai tessuti sintetici basati sul petrolio. Questi possono essere:
- Naturali (come cotone, canapa, lana, seta)
- Artificiali da polimeri naturali (modal, lyocell)
- Sintetici bio-based (come bio-PET, prodotto da canna da zucchero)
Il loro vantaggio principale? La rinnovabilità della materia prima. Ma anche un potenziale minore impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita. Un esempio tra tanti è il classico jeans che sicuramente portiamo tutti spesso: invece che l’elastan (fibra sintetica), è stato già prodotto un tipo di denim elasticizzato a base vegetale compostabile e biodegradabile, ottenuto usando cotone e gomma naturale e privo di sostanze chimiche e microplastiche.
Perché i consumatori sono scettici?
Nonostante i benefici, molti restano diffidenti verso questi materiali. Le ragioni sono varie:
- Poca consapevolezza: solo il 32% degli intervistati in uno studio europeo “Social Perspectives towards Biobased Products and Textiles” si dichiara minimamente consapevole dei materiali bio-based.
- Scarsa fiducia: timori sulla qualità, durabilità e comfort.
- Greenwashing: molti marchi abusano di pubblicità e iniziative ambientali vaghe.
- Prezzo più alto: il valore ambientale non è ancora percepito come giustificazione del costo.
- Informazioni poco chiare o troppo tecniche: mancano etichette semplici, certificazioni visibili, storytelling efficace.
I consumatori spesso ricevono informazioni frammentarie o espresse in modo troppo tecnico, il che rende difficile comprendere i veri vantaggi dei prodotti bio-based rispetto a quelli tradizionali. Inoltre, trattandosi di materiali innovativi, è comune una certa percezione di rischio, che si manifesta in dubbi sulla loro durata e sul comfort. Per superare questi dubbi, è fondamentale investire nell’educazione del consumatore, attraverso etichette più chiare, certificazioni affidabili e strategie di comunicazione che mettano in luce non solo l’impatto ambientale positivo, ma anche i benefici concreti in termini di qualità, funzionalità e esperienza d’uso.
Un’estate più consapevole (anche per l’ambiente)
Oggi non mancano i mezzi per orientarsi verso acquisti più consapevoli: esistono siti e piattaforme online che segnalano e-commerce sostenibili; pagine Instagram curate da creator ed influencer specializzati in moda e shopping etico; contenuti ed eventi dove realizzare oggetti con materiali riciclati e molto altro. Su questo fronte, la risposta dei social è incoraggiante: cresce l’interesse e l’engagement da parte di chi vuole fare scelte più responsabili. Anche noi di Udicon, attraverso progetti, eventi, laboratori e workshop, ci impegniamo continuamente a diffondere ai consumatori, contenuti e strumenti che rendano l’accesso alla sostenibilità sempre più semplice e concreto nella vita di tutti i giorni.
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