Comprare usato online: attenzione alle trappole, l’UE interviene per rafforzare le tutele

27 Agosto 2025 | Acquisti, Ambiente, Commercio, Consumatori, Mondo digitale, Non solo consumatori, Sostenibilità

Comprare usato online è diventato un gesto sempre più comune: fa risparmiare, è più sostenibile e permette di dare nuova vita a oggetti che altrimenti finirebbero buttati. È una scelta intelligente e anche responsabile, in linea con un’Europa che punta sempre di più a ridurre sprechi e consumi. Ma attenzione: dietro la promessa di un acquisto “green” e conveniente si nascondono spesso dinamiche poco trasparenti. Venditori che non rispettano i diritti dei consumatori, prodotti che arrivano danneggiati o diversi da come erano descritti, garanzie che spariscono nel nulla… E a quel punto, ottenere un rimborso può diventare un incubo. È in questo scenario che la Commissione Europea, per fare chiarezza, ha realizzato un’indagine che ha controllato 356 professionisti online e hanno constatato che 185 (52%) violavano potenzialmente tale normativa.

Ecco cosa ha scoperto l’indagine

I principali settori di attività interessati dall’indagine UE sono siti online di abbigliamento, accessori, apparecchiature elettroniche, giocattoli e articoli da gioco, libri, elettrodomestici, arredamento e design d’interni, CD e vinili, prodotti per l’infanzia, automobili (comprese le auto elettriche), articoli sportivi, pezzi di ricambio, motociclette e biciclette, articoli per il giardinaggio, fai da te e altri.

  •  Il 40% dei venditori online non informa chiaramente sul diritto di recesso: ogni consumatore ha diritto, per legge, di cambiare idea e restituire il prodotto entro 14 giorni, senza dover dare spiegazioni.
  • Il 45% non indica correttamente come restituire un prodotto difettoso o non conforme alla descrizione.
  •  Il 57% non rispetta la garanzia legale di almeno 1 anno, che vale anche per i prodotti usati venduti da professionisti.
  • Il 5% dei siti non indica nemmeno l’identità del venditore, rendendo impossibile contattarlo in caso di problemi.
  • L’8% non mostra chiaramente il prezzo finale (con tasse incluse): difficile capire quanto si sta davvero pagando.

In un settore come quello del “second hand” che ha come obiettivo la lotta al greenwashing e la diffusione della sostenibilità, il 34% dei venditori faceva dichiarazioni “verdi” o legate alla sostenibilità, ma in quasi la metà dei casi queste si sono rivelate vaghe, non dimostrate o addirittura false.

Cosa puoi fare per proteggerti quando compri usato online?

  1. Controlla sempre se il venditore è un professionista: hai più tutele rispetto a un venditore privato.
  2. Leggi bene le condizioni di vendita, soprattutto su recesso, garanzia e restituzioni.
  3. Ricorda: anche l’usato ha diritto alla garanzia legale di almeno 12 mesi, se comprato da un venditore professionale.
  4. Cerca sempre i contatti del venditore: se non li trovi, meglio lasciar perdere.
  5. Attenzione al greenwashing: non fidarti di frasi vaghe come “sostenibile” o “eco-friendly” se non sono supportate da prove concrete (come certificazioni ufficiali).
  6. Occhio al prezzo finale: deve essere chiaro, tasse comprese.

Come funzionano le App di rivendita

Vendere oggetti usati online nel 2025 è diventato sempre più comune: soprattutto fare “decluttering” e svuotare l’armadio su Vinted, è una tendenza frequente che viene ormai sponsorizzata anche da influencer sui social. Ma come si tutela l’utente in queste App? Le piattaforme di “recommerce” devono segnalare al fisco gli utenti che, in un anno, superano le 30 vendite o i 2.000 euro di incassi, anche se si tratta di oggetti usati. Questo non comporta automaticamente tasse da pagare, ma serve a individuare chi vende in modo abituale o professionale: in quei casi, può scattare l’obbligo di aprire la partita IVA e dichiarare i guadagni. Se invece le vendite sono occasionali e sotto soglia, non ci sono obblighi fiscali. Vinted chiarisce che la semplice rivendita di articoli personali, anche a prezzo maggiorato, non viene segnalata, a meno che non si superino i limiti. In caso contrario, si impegna ad inviare una segnalazione all’Ue attraverso il modulo DAC7.

Foto: Pexels

Fonti: La Stampa; Commissione Europea